«La speranza è un rischio da correre»
Fabrizio Coccetti
Capo Scout d’Italia
«La speranza è un rischio da correre.», G. Bernanos.
Non ho dubbi, se dovessimo ricominciare da una parola, scelgo “rischio”.
Viviamo in una società diffusamente disposta a sognare di fare cambiamenti senza esporsi a rischi. L’Agesci ha due possibilità: adattarsi e diventare un’associazione di generici sognatori, oppure agire in forte controtendenza. Durante la pandemia in Italia, è emerso che continuare a fare attività scout ha voluto dire valutare il rischio e prendersi delle responsabilità per poter continuare a fare educazione. Decine di migliaia di ragazze e ragazzi e capo e capi hanno pensato che valeva la pena affrontare i rischi di contagio, pur mettendo in atto tutte le misure di sicurezza previste dalla Legge, per poter continuare a fare una parte delle nostre attività. Come è noto i pericoli si evitano, ma i rischi si valutano e si corrono.
Il rischio è zero solo nella tomba. Vivere significa abitare un rischio percepibile, diverso da zero. Una vita che vale la pena vivere è una vita in cui la dimensione del rischio è sempre presente. Come il sale in cucina.
L’avventura è rischio e lo scautismo è avventura. Dobbiamo stare molto attenti a non cedere alla tentazione di ridurre i rischi al minimo. I rischi vanno valutati, capiti, affrontanti, ma non ridotti all’osso. La Comunità capi che si mette nell’atteggiamento di limitare i rischi fa un pessimo servizio e si condanna a far vivere ai ragazzi esperienze tiepide, da cortile. Lungi da me l’invito ad andare in caccia di pericoli, ma lasciare autonomia ai ragazzi significa per forza sapersi assumere dei rischi. Fidarsi è sempre un rischio. Dare responsabilità e trasferire potere sono un rischio.
Infine, solo chi sa rischiare è capace di sperare veramente. Sperare è molto più di sognare. Sperare per noi educatori dell’Agesci significa avere un sogno, unito alla certezza che Dio è con noi e ci aiuta a realizzarlo. Ecco perché noi non “sogniamo di cambiare il mondo”, invece “speriamo di cambiare il mondo” e abbiamo scelto di farlo facendo educazione con il metodo scout. Perché le guide e gli scout e noi tutti non siamo dei generici sognatori, piuttosto siamo dei portatori di speranza. Se sapremo ricominciare da qui, allora sono certo che gli anni migliori per lo scautismo italiano saranno i prossimi.
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Fotografia Dario Cancian