25.11 Pensiero Associativo

Ripensare l’Agesci per stare a passo con i tempi

Interrogativi sul presente e il futuro sulla nostra proposta per i ragazzi di oggi

A cura di Daniele Boltin

Stiamo vivendo un periodo storico che ci pone davanti scenari impensabili fino a poco tempo fa. Da un lato ci si trova a fronteggiare nuove regole, limitazioni e prassi per svolgere le nostre attività nel miglior modo possibile, dall’altro ci ritroviamo catapultati in un mondo che ha ricominciato a correre veloce, forse troppo, e in molti l’avevano scordato.

Partiamo da questo periodo, che ci fa guardare almeno con un po’ di ottimismo a un ritorno a qualcosa di simile alla normalità, o che almeno ci consente di riprendere – e soprattutto di far riprendere ai ragazzi – a mettere mattoncino su mattoncino le relazioni.

In questo bisogna dire che come scout ci sappiamo destreggiare più che bene. In ogni angolo d’Italia ogni comunità capi si è destreggiata inventandosi qualsiasi cosa per portare avanti le attività in qualche modo. C’è chi ha scelto di mantenere le distanze, c’è chi con grandi sforzi e altrettanto importanti giochi di “equilibrismo organizzativo” è riuscito a fare dei campi anche nell’estate del 2020. Le esperienze, come abbiamo potuto vedere confrontandoci con gli altri capi, sono state le più diverse e in un’ottica di ripartenza si può stare abbastanza tranquilli. L’Agesci sa ripensarsi dal basso, l’abbiamo scoperto quando effettivamente è arrivato il momento di farlo.

Ora che il peggio sembra passato, o almeno speriamo che sia così, abbiamo ricominciato a vivere un po’ come si faceva prima, ma con qualche protocollo in più. Scendiamo nelle nostre realtà e ci troviamo ad affrontare vecchi problemi ma anche qualche novità. In molte più famiglie rispetto a prima è percepita, più o meno consapevolmente, la necessità dei ragazzi di tessere relazioni e di passare del tempo di qualità in un ambiente sano. Va da sé che diverse associazioni vedono un incremento nelle richieste di partecipazione.

D’altro canto il ritorno alla quotidianità ci ha proiettati nuovamente in un mondo che corre fin troppo veloce, forse ci siamo seduti e non preparati al nuovo giro di giostra. E ricominciamo a riflettere, dopo l’ultima sessione di “calciomercato” in cui in qualche modo siamo riusciti a chiudere tutte le staff e l’anno scout ricomincia. Intanto i capi sono sempre meno, la situazione negli anni non migliora, anzi.

Da questo primo punto potrebbe nascere un ragionamento che peraltro nuovo non è. Il mondo negli ultimi 20-30 anni è cambiato profondamente, è cambiato il mondo del lavoro, è cambiato quello dell’istruzione, in particolare universitaria. Il conseguimento del diploma seguito a breve distanza dal posto fisso è ormai destinato a una minoranza. Per il resto c’è una certa instabilità finanziaria certo, ma anche temporale e geografica. I gruppi di provincia vivono sulla loro pelle il problema dell’emigrazione già nei clan, quando la partenza per l’università fuori sede potrebbe trasformarsi in un addio al luogo di nascita.

Il capitale umano dell’Agesci in tutti i livelli e ruoli previsti dall’associazione è notevole, i ruoli tanti, i capi sempre meno. Si può fermare o almeno limitare l’emorragia dei capi attivi nelle unità?

Uno dei punti su cui riflettere in questa ripartenza potrebbe essere proprio questo, ponendoci la domanda: dove saremo tra 10, 20 o 30 anni?

Per darci un po’ di contesto arriva in aiuto il filosofo Umberto Galimberti. Nell’approccio della società moderna, industriale e capitalistica, «il passato è ignoranza, il presente è ricerca e il futuro è progresso. Non è così. Il futuro non è il tempo della salvezza, non è attesa, non è speranza. Il futuro è un tempo come tutti gli altri. Non ci sarà una provvidenza che ci viene incontro e risolve i problemi nella nostra inerzia. Speriamo, auguriamoci, auspichiamo: sono tutti verbi della passività. Stiamo fermi e il futuro provvederà: non è così».
Certo, come scout non resteremo seduti ad aspettare, ma in certi casi forse è bene centrare la riflessione sul tempo. Il rischio è di cadere nel mantra “si è sempre fatto così” ancora più pericoloso in un periodo di cambiamento. La nave deve si restare ancorata solidamente a ciò che ci precede, ma deve essere anche pronta a navigare in un mare che cambia carattere repentinamente.

Guardando il presente e il futuro ci possiamo interrogare anche sulla nostra proposta per i ragazzi di oggi. È un pilastro oppure, in ottica presente e futura, ci sono degli aspetti da valutare?

Nel disastro portato dalla pandemia, qualcosa di buono è capitato. Una fetta della società ha scoperto o riscoperto il valore della vita all’aria aperta, la bellezza delle relazioni e la pienezza dell’essenzialità. In fondo sono stati creati o semplicemente sono venuti a galla dei nuovi bisogni, che in fondo nuovi non sono: noi abbiamo le risposte per soddisfarli già da più di un secolo e l’abilità e l’arte del capo sapranno rendere tali risposte sempre esaustive e affascinanti. In fondo si tratta di dare il giusto peso a un’agenzia educativa molto leggera economicamente, ma unica nei contenuti e nella durata.

 

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Fotografia Dario Cancian