25.16 Esperienze

Fermarsi e svoltare

Intervista a Marco Cepparo di La volpe sotto i gelsi

A cura di Marvin Dal Molin

 

Benvenuto Marco! Grazie per portare la tua testimonianza all’interno delle pagine del Nodino. Tu sei uno scout non più in attività, che ha lasciato un lavoro ben pagato in un ufficio, per lavorare in una cooperativa con persone con svantaggio. Questo numero ha come tema la “ri-partenza”: seguendo la metafora di una strada, che cammino hai percorso per un tratto della tua vita e cos’è successo ad un certo punto che ti ha fatto di fermare, riflettere e pensare di prendere un’altra via?

Come succedeva a molti alla fine degli anni Novanta mi sono diplomato e dopo il servizio militare (ebbene sì, ho seguito la massa) e un breve lavoro in fabbrica, ho trovato occupazione nell’ufficio tecnico di un’azienda: ero perito meccanico e mi occupavo di progettazione. Quindi ho trovato quello per cui avevo studiato, (ora so che questa serie di passaggi sono molto molto più difficili)!

La mia vita andava dal lavoro, agli scout (ho avuto la fortuna di fare servizio in tutte le Branche) e agli amici. Ho cercato sempre di impegnarmi nell’ambito del sociale ed in tutto ciò che riguardava la comunità in cui risiedo, Casarsa della Delizia. Nel frattempo, dalla progettazione di impianti di movimentazione industriale ero passato alla progettazione di beni di “non prima necessità” in un’azienda internazionale: un buon stipendio, una formazione continua, qualche viaggio di lavoro sia Italia che all’estero, insomma non potevo desiderare di meglio, o almeno era così nel primo periodo.

Cosa è successo che ha cominciato a farmi riflettere e vagliare l’idea di prendere altre vie? Credo la somma di diverse cose: l’ufficio cominciava a starmi stretto, la voglia di stare all’aperto in mezzo alla natura, la mia passione di sempre per i lavori manuali e per lo sporcarsi le mani mi hanno fatto capire che potevo far altro. Ho iniziato a formarmi con alcuni corsi rispetto al mondo agricolo ed in particolare al biologico. In ciò di cui mi occupavo, beni non necessari e non alla portata di tutti, c’era qualcosa strideva con quanto testimoniavo nel mio servizio.

La crisi economica del 2008 inoltre ha trasformato il modo di lavorare: in azienda si tagliavano i rami secchi e non più produttivi, vi era una tensione generale che mirava al raggiungimento degli obiettivi senza dare valore al processo per raggiungerli, dando così molta importanza al prodotto e poca importanza alle persone e di conseguenza al lavoro che facevano.

 

Ogni volta che si cambia si intraprende un nuovo cammino, si sa cosa si lascia ma non cosa si trova. Cosa ti ha fatto capire che era proprio lì che volevi andare? Nel tuo nuovo percorso professionale hai mai avuto ripensamenti?

Mi ero così deciso che qualcosa doveva cambiare, dove stavo non stavo bene. Ho iniziato a guardarmi in giro, focalizzando la mia attenzione su un’occupazione in ambito agricolo. Non avevo un’idea precisa di cosa andavo cercando, sapevo solo che volevo stare all’aria aperta, a contatto con la natura e desideravo un lavoro manuale.

Le cose sono avvenute, devo confessare, senza troppa fatica. Mi è stato proposto di sostituire una persona che da lì a breve sarebbe andata in pensione, in una attività agricola di coltivazione di fiori e ortaggi e per di più in una cooperativa sociale. Sono sincero, non ci ho pensato molto, l’incentivo di una proposta anche sociale mi aveva conquistato subito, avevo trovato un’occupazione nel verde e mi sarei sporcato le mani. Una realtà lavorativa nella quale potevo sentirmi di essere utile a persone con fragilità, dove il processo, la quotidianità, la persona sono al centro dell’attenzione e non più la merce.

Certo lo stipendio non era quello di prima, ma avevo già un’abitazione, sono sempre stato sobrio negli acquisti; forse in condizioni differenti qualche pensiero in più l’avrei fatto, ma è andata così!  Non posso dimenticare che se le cose sono andate in questo verso lo devo anche a Elisa, mia moglie, che allora mi ha spronato e supportato nella realizzazione di questo cambiamento, tant’è che nello stesso anno ci siamo anche sposati (giusto per confermare che la mia vita doveva avere una svolta). Da allora devo dire che i ripensamenti sono stati davvero pochi ed effimeri. Ad esempio: in inverno, ogni tanto, rimpiango il caldo dell’ufficio e non le gelate alle mani!

 

Chi ci legge sono, come te, capi scout (semel scout, semper scout), persone che hanno fatto un percorso dentro e fuori dell’associazione: che consiglio ti senti di dare a chi è lì, pronto per prendere una “partenza” ma gli manca una spinta (o il coraggio) per agire?

Non sono nelle condizioni di dar consigli, non mi reputo coraggioso per le scelte che ho fatto, direi piuttosto fortunato di poter fare ciò che mi piace. A chi sta per prendere una “partenza” posso dire che le strade da percorrere sono molte ed ognuno di noi ha già scritto quale è la propria. Cercate di assecondare ciò che vi piace fare e ciò che vi piace fare anche per gli altri, perché se lo fate con il sorriso questo è già un servizio al prossimo.