Abbiamo appena ricominciato a riappropriarci dei nostri spazi, del nostro metodo. Quali sono i rischi?
A cura di Walter Mattiussi
La pandemia ha colpito innumerevoli attività sin dall’inizio. Nonostante le varie ondate e la chiusura totale di molti settori, oggi stiamo tornando finalmente a frequentare i luoghi a noi cari con una parvenza di normalità. L’avanzare della vaccinazione ha permesso di ritrovarci e di ricominciare le nostre attività. Un esempio sono stati i vari campi estivi, le route e le vacanze di branco.
Sicuramente tutti abbiamo prestato la massima attenzione alle misure di prevenzione contro la diffusione del virus: distanziamento, mascherine e in alcuni casi i tamponi; eppure anche quest’anno non sono mancati i classici articoli di giornale su quella squadriglia dispersa in montagna oppure su qualche altro ragazzo finito al Pronto soccorso.
Ogni attività che prevede il contatto con la natura o il contatto fisico comporta dei rischi. Quelli evitabili che cerchiamo di ridurre al minimo e quelli inevitabili che mettiamo in conto. Eppure, qualche volta capita di “abbassare la guardia”, sia durante i campi che durante le attività.
Poiché il rischio è insito in tutti gli aspetti della vita, esserne consapevoli e saperlo affrontare è molto importante. La formazione continua, l’analisi, la valutazione, la prevenzione e la supervisione sono tra le misure di sicurezza più importanti.
Se da un lato il rischio zero non esiste, dall’altro possiamo evitare rischi eccessivi come ad esempio potrebbe essere il camminare di notte su un sentiero senza l’attrezzatura giusta. Prima di fare una route o missione di squadriglia prepariamo in modo approfondito i percorsi? Stiamo attenti e chiediamo informazioni sullo stato dei sentieri? La copertura telefonica è buona? Teniamo sempre conto del meteo ed eventuali imprevisti?
La Conferenza mondiale della WOSM del 2002 approvò una risoluzione che include elementi specifici che mirano a ridurre i potenziali rischi. La rilettura di tali indicazioni potrebbe essere utile alle comunità capi in un’ottica di formazione continua. Inoltre, la corresponsabilità in materia di sicurezza è una questione di buon senso: non solo i capi ci devono pensare, ma anche i ragazzi devono essere consapevoli dei rischi che corrono e di prendersi cura della propria incolumità. Ma non solo, è importante includere in questo processo anche i loro genitori, condividendo con loro le attività che si intende svolgere e cercando di mantenere sempre un’atmosfera accogliente.
Ogni comunità capi dovrebbe concordare alcune buone prassi. Alcune di queste le suggeriamo di seguito. In primis, le proposte a cui partecipano i ragazzi dovrebbero essere supervisionate da un capo responsabile e formato, che abbia l’esperienza e le competenze adeguate e possa rispondere in caso di emergenza; per esempio, non è corretto lasciare alcune mansioni rischiose a carico della scolta o rover in servizio (loro sono ancora “ragazzi” e non “piccoli capi”).
Inoltre, è importante informarsi bene sul luogo di svolgimento dell’attività tenendo conto, ad esempio, di fattori climatici e ambientali, dell’orografia del terreno, della distanza dal Pronto Soccorso. Le proposte educative dovrebbero seguire una programmazione accuratamente sviluppata, che riduca al minimo i rischi, e che anticipi anche eventuali imprevisti; e se alcune attività richiedono delle attrezzature particolari queste dovrebbero essere controllate prima dell’inizio. Spesso lo sottovalutiamo, ma gli indumenti indossati sono importanti. Fare una camminata in montagna indossando l’uniforme piuttosto che vestiti tecnici potrebbe causare dei disagi, rallentare le persone e di conseguenza l’intero gruppo. Inoltre, esistono procedure di buon senso che possono ridurre significativamente il rischio come l’utilizzo del cellulare, anche se parte del fascino di una missione di squadriglia sia fuggire dalla tecnologia.
Per ogni attività ci sono dei requisiti minimi e il capo deve saper identificare e riconoscere quel livello per garantire ai partecipanti di godere appieno della proposta. Ad esempio, è inutile pensare ad una route sulle Alpi con dislivelli di 1200 metri se abbiamo rover e scolte che già alla partenza hanno male ad un ginocchio, non hanno fatto sport e neanche un’uscita durante l’anno e senza aver verificato cosa portano nello zaino.
Infine, il capo deve essere in grado di comunicare efficacemente con tutti secondo le necessità durante l’attività. Uno “no” detto a tempo o il saper rinunciare ad una meta per evitare un pericolo è importante. Per esempio, è utile valutare la missione di squadriglia assieme al Consiglio Capi. Spiegare sulla mappa il percorso, tempi e difficoltà, spiegare al capo squadriglia come si usa il telefono in emergenza e cosa dire sono tutte strategie per diminuire il rischio e accresce il senso di responsabilità e autonomia dei ragazzi. Non è bello dover decidere di fermarsi a pochi metri della cima della montagna ma se il buio è calato o la nebbia è fitta è necessario farlo. In questi casi curare la comunicazione è importante. La vetta non si sposta, rimarrà ad aspettarci anche la prossima volta.
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Fotografia Aldo Gonnella